Roberto Caso. 27 gennaio 2022, pubblicato su Alto Adige del 29 gennaio 2022 con il titolo “Rinunciare ai brevetti sui vaccini (per salvarci)” e su L’Adige del 30 gennaio 2022 con il titolo “Vaccini, trogliere brevetti e segreti“.
Nelle ultime settimane hanno avuto risonanza due notizie.
1) La messa a punto da parte del Texas Children’s Hospital e del Baylor College of Medicine di un vaccino anti COVID-19 privo di brevetti: il CORBEVAX, frutto degli studi coordinati da Peter Hotez e Maria Elena Bottazzi.
2) Un editoriale del prestigioso The British Medical Journal nel quale si è formulato l’appello a pubblicare immediatamente i dati relativi ai trials clinici sui vaccini in corso di somministrazione (Pfeizer, Moderna ecc.).
Cosa lega le due notizie? Una concezione della lotta contro la pandemia basata su beni comuni della conoscenza e scienza aperta.
Il CORBEVAX è riconducibile una tecnologia tradizionale – proteine ricombinanti – risultato di ricerche finanziate con donazioni private di modestissima entità. Per la precisione si tratta di sette milioni di dollari, un’inezia a confronto con i miliardi di fondi pubblici piovuti sulle Big Pharma. Il vaccino privo di brevetti costituisce una promessa importante: può essere ovunque prodotto a costi contenuti, conservato agevolmente e venduto a prezzi bassi: si stima 1,5/2 dollari a dose. Inoltre, deriva da una tecnologia tradizionale, ampiamente utilizzata anche per altri vaccini e sicura.
I vaccini delle Big Pharma occidentali poggiano oltre che su una fittissima rete di brevetti e sul segreto commerciale anche su dati di sperimentazione clinica tenuti riservati in base a una legge speciale (c.d. esclusiva sui dati). Ad esempio, Pfizer dichiara che darà accesso ai dati da maggio 2025, Moderna da ottobre 2022. Da qui la richiesta di disponibilità immediata avanzata sul British Medical Journal. Ferma restando la fiducia nei vaccini come uno degli strumenti fondamentali per la prevenzione della malattia, occorre che tutti possano accedere ai dati dei trials e condividerli per effettuare le opportune verifiche e praticare una delle norme fondanti della scienza: lo scetticismo organizzato. La scienza, infatti, non può esistere senza la pubblicità e la riproducibilità dei dati.
Tra i maggiori ostacoli a vaccinare il mondo spiccano: la proprietà intellettuale e la diffidenza verso i vaccini. La proprietà intellettuale è una delle ragioni per le quali nel sud del mondo pochi hanno accesso ai vaccini. La ritrosia a vaccinarsi riguarda soprattutto i sieri incentrati sulle nuove tecnologie vaccinali come quelle a mRNA.
Viene da chiedersi, riavvolgendo il nastro della storia a due anni fa, se l’evoluzione della pandemia sarebbe stata diversa in un mondo disposto fin da subito a puntare tutto sulla cooperazione e sulla condivisione della conoscenza. Forse avremmo meno paure irrazionali, meno disuguaglianze e persino meno morti e malati.
Per non ripetere gli errori fin qui commessi occorre ripensare profondamente il nostro sistema di ricerca e il nostro sistema sanitario. Cambiare paradigmi consolidati è, come ha rilevato Maria Elena Bottazzi, moralmente necessario.
Da dove cominciare? Dal rapporto tra ricerca finanziata con fondi pubblici e proprietà intellettuale.
Un esempio viene dalla politica anti-brevettuale del prestigioso Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri IRCCS. Perché rinunciare ai brevetti? La risposta è sul sito web dell’istituto: “per essere liberi”. Liberi da conflitti di interesse, liberi di criticare, liberi di comunicare, liberi di collaborare. “Mantenere un’istituzione di ricerca in equilibrio costante fra la necessità di trovare risorse per fare ricerca, senza rinunciare alla propria libertà, alla dignità, allo spirito critico, è impresa difficile e complicata. Soprattutto in Italia, dove i fondi pubblici sono scarsi e male utilizzati. È quindi opportuno che l’opinione pubblica impari a distinguere fra chi cura interessi personali e chi si occupa di interessi della comunità, per non far mancare il suo sostegno a questi ultimi”.