La presentazione mira a offrire una breve introduzione critica alla protezione dei dati clinici (data exclusivity) per interessi commerciali (una forma di pseudo-proprietà intellettuale). Il tema attiene al problematico rapporto tra ricerca pubblica e interessi commerciali.
La professoressa e senatrice a vita Elena Cattaneo ha tenuto a Trento il 18 settembre scorso presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’ateneo tridentino un’interessante lezione sulla libertà di ricerca. Ho avuto l’opportunità di assistere personalmente alla lezione.
Il discorso era rivolto soprattutto ai giovani che aspirano a coltivare la ricerca scientifica. Il messaggio di fondo può essere sintetizzato nella seguente esortazione [le parole scelte sono mie]: “osate, battete strade inesplorate e resistete alle forze che cercano di comprimere la vostra libertà”.
Elena Cattaneo ha portato molti esempi di persone che hanno abbracciato il coraggio della ricerca. Giustamente, nella carrellata di queste figure, sono state privilegiate le donne. Tali ricercatrici, infatti, hanno dovuto aggiungere una dose di coraggio supplementare – sfidare la società maschilista – a quello fondamentale che alimenta la libertà scientifica.
La senatrice è partita da Rita Levi-Montalcini per giungere alle proprie battaglie sulla legge 40/2004 in materia di procreazione medicalmente assistita, sul caso “Stamina” e sull’istituzione dello Human Technopole. Sono battaglie, quelle della senatrice Cattaneo, che riguardano, da diverse prospettive, la difesa della libertà di ricerca nei confronti dello Stato. In estrema e approssimativa sintesi, lo Stato: non deve arbitrariamente restringere l’uso di cellule di embrioni umani (sovrannumerati e congelati, destinati alla distruzione) a fini di ricerca, deve intervenire attivamente contro la pseudo-scienza e quando istituisce enti finanziati con ingenti finanziamenti pubblici (distolti da altri usi e destinatari) deve garantire che siano governati da strutture, procedure e regole che evitino il malaffare.
Nella rassegna delle donne che hanno speso la vita per la ricerca scientifica Elena Cattaneo ha citato Katalin Karikó. Confesso che prima della lezione della senatrice non l’avevo sentita nominare. Ho appreso che è una biochimica ungherese esperta nello studio dell’mRNA a scopo terapeutico. Soprattutto è una delle figure chiave di BionTech, l’azienda farmaceutica tedesca che ha sviluppato insieme a Pfizer, la big pharma statunitense, il Comirnaty, uno dei vaccini anti-COVID-19 a base mRNA più diffusi in Occidente.
Devo confessare che l’esempio mi ha sorpreso. Non solo perché veniva poco dopo quello di Levi Montalcini, ma perché riguarda una ricercatrice che ha scelto di lavorare per un’azienda che difende con la proprietà intellettuale – brevetto, segreto commerciale – una scoperta scientifica di importanza fondamentale per tutta l’umanità e non solo per l’Occidente. Su quella proprietà intellettuale è stato generato un profitto miliardario. Ma la decisione che il vaccino BionTech/Pfizer abbia un prezzo, comporta che una parte dell’umanità ne sia fatalmente esclusa. Insomma, è giusto dare un prezzo monopolistico a un bene essenziale per salvare la vita delle persone? La domanda non è oziosa e se la sono posta in molti. Ma c’è un altro quesito che va formulato. È giusto difendere con proprietà intellettuale un’invenzione che si fonda sulla ricerca di base finanziata con fondi pubblici? La tecnologia mRNA è stata sviluppata grazie a ricerche svolte in istituti pubblici e università. Il contributo dato dall’impresa commerciale deve tradursi nella concessione di un monopolio legale (la proprietà intellettuale) che dà il pieno e totale controllo sull’uso dell’invenzione?
Esistono figure diverse da Katalin Karikó che potevano essere citate. Sono figure che interpretano la libertà di ricerca anche come difesa dalle ragioni del profitto. Ad esempio, Maria Elena Bottazzi, la ricercatrice di origini italiane, che ha scelto di non brevettare il Corbevax, vaccino anti-COVID-19 sviluppato assieme a Peter Hotez. Per questa scelta è stata candidata al premio Nobel per la pace.
Che la questione della libertà di ricerca dai condizionamenti del profitto sia di assoluta rilevanza in campo farmacologico è testimoniato dalla politica anti-brevettuale dell’Istituto Mario Negri, una delle più prestigiose istituzioni scientifiche italiane. “Da oltre 50 anni l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, in controtendenza con l’idea dominante, non richiede brevetti sulle proprie ricerche. Non perché siamo contrari in linea teorica ai brevetti in campo medico […]. Lo facciamo soprattutto per essere liberi. Liberi nell’orientamento e nella selezione dei temi di ricerca. Se invece l’obiettivo fosse il brevettoe il suo sfruttamento, sarebbe inevitabile orientarsi verso ricerche economicamente sfruttabili”. Silvio Garattini, presidente dell’Istituto Negri, è tornato di recente sul tema in un libro-intervista edito da Il Mulino (Brevettare la salute? Una medicina senza mercato, 2022).
Il bel messaggio lanciato dalla senatrice Cattaneo – osate e battete strade inesplorate! – non vale solo per la biologia ma anche per le scienze umane e sociali. Vale per il diritto – come la proprietà intellettuale – che governa i rapporti tra scienza e profitto. Forse la strada battuta fino ad adesso e persino durante la pandemia non è l’unica e nemmeno la più giusta. Occorre urgentemente e con coraggio esplorarne altre.
“Il museo poi ci insegna a conoscere l’altro, a relativizzare noi stessi, a capire che non esiste un punto di vista univoco, ma che noi ne abbiamo semplicemente uno e che nella storia, di fronte a un problema simile, gli uomini si sono confrontati con soluzioni diverse”. […]
“Il museo ci fa molto riflettere su un tema che viene spesso abusato, quello dell’identità. “Identità” non è un nome greco, è un nome latino, deriva da “idem”. Platone riteneva, citando Eraclito, che non esistesse l’identità perché nel momento stesso in cui ci alziamo al mattino la nostra pelle è diversa, i nostri capelli sono diversi. Quando mettiamo i piedi in un ruscello, l’acqua che sentiamo all’inizio è diversa dall’acqua che sentiamo alla fine. Siamo in continuo divenire. Ecco, allora, che cade quel concetto di una identità di noi contro gli altri. Tutto è più ibrido. E guardando i fenomeni in un arco cronologico ampio impariamo davvero a relativizzare: questa penso sia la lezione più importante che si può imparare da qualsiasi museo noi visitiamo”.
Con: Vanessa Roghi, Marco Santambrogio, Roberto Caso
Modera: Scomodo
“L’Italia è un paese meritocratico? Le tragedie attribuite al peggioramento della salute psicologica degli studenti sono sempre più in crescita e si è polarizzato sempre di più il dibattito intorno al merito. Nella Costituzione si parla di Merito all’articolo 34, ma è ancora giusto, dopo quasi 76 anni, ridurre la questione al solo merito oppure è necessario considerare le disuguaglianze economiche e sociali come secondo pilastro per impostare il ragionamento?”
Sono aperte le iscrizioni all’ottavo convegno annuale dell’AISA, Il futuro della scienza aperta: monopoli intellettuali, valutazione, infrastrutture, formazione, che si svolgerà il 19-20 ottobre 2023 a Bari. Il programma della conferenza è visibile qui.
L’ingresso in presenza è libero, ma si consiglia l’iscrizione.
“Questo scritto è finalizzato a discutere, da una prospettiva giuridica, i problemi derivanti dalla concentrazione di potere di controllo ed elaborazione dei dati e delle informazioni nelle mani di monopoli e oligopoli commerciali che forniscono ai produttori agricoli macchine (ad es., trattori), sementi, prodotti chimici (ad es. fertilizzanti e diserbanti) nonché servizi di agricoltura di precisione e smart farming.
Tali monopoli e oligopoli traggono, almeno in parte, la loro forza dalla proprietà intellettuale e dalla pseudo-proprietà intellettuale. La pseudo-proprietà intellettuale consiste in quelle forme anomale di esclusiva che si basano, ad esempio, su contratto e misure tecnologiche di protezione nonché sul potere di fatto che deriva dal controllo dell’infrastruttura tecnologica su cui i dati vengono memorizzati, elaborati e trasmessi sulle reti telematiche.
Nel settore dello smart farming e dell’agricoltura di precisione il potere delle imprese che forniscono fattori di produzione può determinare effetti anticoncorrenziali e abusi di dipendenza economica. Più in generale il potere dei monopoli intellettuali diminuisce il grado di autonomia e libertà degli agricoltori: non solo del singolo agricoltore di fronte all’impresa fornitrice del fattore di produzione, ma anche della categoria degli agricoltori di fronte a quella dei fornitori dei fattori di produzione all’interno della filiera agroalimentare. Tra gli strumenti giuridici che sono stati immaginati per contrastare tale potere merita attenzione il c.d. right to repair, il diritto dell’utente di un dispositivo di poterlo riparare senza sottostare alle restrizioni imposte dal produttore del dispositivo. Tale diritto, per essere efficace, deve limitare la proprietà intellettuale e la pseudo-proprietà intellettuale”.