24 novembre 2o23
Nella propria Deliberazione 20 ottobre 2023, n. 76/2023/G la Corte dei conti ha ribadito quanto già sostenuto nella precedente Delibera n. 50/2022/G. Il libero riuso (Open Access), anche a fini commerciali, delle riproduzioni digitali prodotte dagli istituti culturali pubblici per fini di pubblica fruizione, quale principio del diritto dell’Unione Europea, rappresenta “un potente moltiplicatore di ricchezza non solo per le stesse istituzioni culturali (si vedano le ben note best practices nazionali ed internazionali), ma anche in termini di incremento del PIL”. Per questa ragione la Corte giudica negativamente il D.M. 161 11/04/2023 Linee guida per la determinazione degli importi minimi dei canoni e dei corrispettivi per la concessione d’uso dei beni in consegna agli istituti e luoghi della cultura statali.
Qui di seguito si riproduce un passo della deliberazione n.76/2023/G (pp. 156-157).
“Dal punto di vista dei servizi digitali per l’utenza, è innegabile che l’importante sforzo di digitalizzazione fino ad oggi compiuto dagli uffici del Ministero sia stato per lo più orientato alla conoscenza scientifica, tutela e gestione del patrimonio piuttosto che alla sua fruizione da parte di un’utenza allargata, anche se ovviamente la digitalizzazione ha prodotto di per sé un ampliamento del bacino dei fruitori.
Per tale ragione, il Ministero ha correttamente ritenuto di implementare il coordinamento delle politiche di digitalizzazione del patrimonio culturale, nella consapevolezza che il tema dovrà essere al centro delle politiche ministeriali con uno sguardo necessariamente intersettoriale, assicurato dal Piano nazionale di digitalizzazione del patrimonio culturale.
Deve, però, rilevarsi che appare in controtendenza l’adozione del recente Decreto Ministeriale (D.M. 161 dell’11.4.2023) con il quale è stato sostanzialmente introdotto un vero e proprio “tariffario” nel campo del riuso e della riproduzione di immagini; così incidendo su temi centrali connessi allo studio ed alla valorizzazione del patrimonio culturale nazionale, nonché ad una più ampia circolazione delle conoscenze.
Il diritto comunitario ha sempre fornito precise indicazioni (da ultimo vds. Direttiva (UE) 2019/1024 – Public Sector Information) in tema di libero riuso (Open Access), anche a fini commerciali, delle riproduzioni digitali prodotte dagli istituti culturali pubblici per fini di pubblica fruizione.
L’Open Access ha da tempo dimostrato di essere un potente moltiplicatore di ricchezza non solo per le stesse istituzioni culturali (si vedano le ben note best practices nazionali ed internazionali), ma anche in termini di incremento del PIL ed è quindi considerato un asset strategico per lo sviluppo sociale, culturale ed economico dei Paesi membri dell’Unione.
L’introduzione di un “tariffario” siffatto pare, peraltro, non tener conto né delle peculiarità operative del web, né del potenziale danno alla collettività da misurarsi anche in termini di rinunce e di occasioni perdute; ponendosi, così, in evidente contrasto anche con le chiare indicazioni che provengono dal Piano Nazionale di Digitalizzazione (PND) del patrimonio culturale.
L’obiettivo da perseguire appare, ancora una volta, quello di sviluppare appieno il potenziale che la digitalizzazione del patrimonio culturale ha non solo in termini scientifici e di conoscenza, ma anche come potente fattore di crescita culturale; le cui positive ricadute, ad esempio sul piano della valorizzazione turistica dei territori, non sono che uno dei possibili ed auspicabili sviluppi.
In tal senso il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) offre la possibilità di investire importanti risorse in ambito infrastrutturale, di crescita delle competenze, di incremento delle risorse digitali e di sviluppo di nuovi servizi per i cittadini e le comunità, fornendo quindi l’opportunità di una completa e moderna trasformazione digitale del Ministero”.