Progetto di ricerca di interesse nazionale Clinical trial data between privatization of knowledge and Open Science (CLIPKOS)
Ministero dell’Università e della ricerca PRIN 2022, Clinical trial data between privatization of knowledge and Open Science (acronym: CLIPKOS)
Abstract
Clinical research produces enormous amounts of data. This especially in the pharmaceutical field during pre-clinical and clinical tests. These data represent an invaluable resource from multiple points of views: scientific interests in creating new medicines and pursuing progress and innovation in the health domain, the necessity to verify the studies carried out, the purely commercial approach on protecting the effort to obtain a marketing authorisation, and the public interest in access and disclosure. Access to this information is often severely limited by forms of exclusive rights and other forms of protection and control that persist on various.
levels and make it impossible to take (public) advantage of such important resources. On the contrary, Open Science (OS), Open Access (OA), findability, accessibility, interoperability, and reuse (FAIR) principles, transparency and flexibility needs and the creation of public databases push forward the implementation of accessible or open data. The recent pandemic has tragically brought this problem to bear and in this application context there is currently a lack of clarity and knowledge among the different stakeholders in the legal, philosophical and ethical fields.
The project aims to investigate the interplay between privatization of knowledge by pharmaceutical developers and OS for clinical trial data from multiple perspectives.
The first objective of the research will be the comprehensive legal mapping of the regulatory framework for the protection of data in clinical research in the European Union (EU) legal system and in some selected Member States, including Italy, while briefly considering the international context. It shall be also examined if and how this scenario may be consistent with the instances promoted by OS and OA. The legal analysis uses a comparative methodology that takes into account the complex regulatory framework.
The second objective will be the investigation of the different policies adopted by the public agencies (Eurpean and national) on data access and governance. Moreover, interdisciplinarity will be key to understanding a context that sees the intersection of different scientific fields. These theoretical approaches will then be combined with ethical and philosophical studies related to striking the balance between the fundamental rights to health and science with the exclusive rights.
Ample space will also be dedicated to case studies based on health and clinical data and offered by the CNR-IFAC scientists. Researchers will be able to understand how data is managed with special reference to the concept of research integrity, data reproducibility and the attitude of communicating science in an open and transparent way.
The ultimate goals of the research are to provide a set of policy recommendations, guidelines and proposals regarding the use and disclosure of clinical test data that balance privatization and OS interests.
Open Research Europe “è criticabile perché la sua gestione è stata affidata, invece che ad archivi o biblioteche, a F1000 Research, di proprietà di un oligopolista commerciale privato partecipe della cosiddetta editoria di sorveglianza, il quale ha ben poco a che vedere con la tutela della conoscenza indipendente e pubblica. Ma non di questo si preoccupa l’ANVUR: per chi volesse far uso degli articoli che vi ha depositato ai fini della propria carriera accademica in area sociologica, ORE, secondo l’agenzia, non è né scientifica né eccellente perché non pubblica in fascicoli ‘distinti, in sé conclusi e non aperti ad ulteriori aggiornamenti’ e perché non pratica la revisione anonima”.
This paper aims to outline some issues concerning the interaction, in European Union law, between data policy, university regulation, open science, intellectual property and infrastructure policy. On the one hand, such issues primarily regard intellectual property: exclusive rights deriving from copyright and related rights, patents, trademarks, and trade secrets. On the other hand, they also concern forms of exclusive control on data that are not strictly related to intellectual property but enhanced by the control on technology and infrastructure. This exclusive control can accompany or be independent from the protection of intellectual property conferred by law. To make science open and to limit the market power of intellectual monopolies and oligopolies, restricting and reshaping intellectual property rights on data is not enough. It is also necessary to create or to revive public infrastructures and to implement open standards for texts, data, and code. An example of a public infrastructure for a university is the Italian consortium GARR, which during the COVID-19 pandemic contributed to anchor the local debate about academic and teaching freedom to an actual and viable alternative, protecting independent and public knowledge not just de jure but de facto as well.
G. Spedicato, Principi di diritto d’autore, Il Mulino, Bologna, 2020
Giulia Dore, Plagio e diritto d’autore. Un’analisi comparata e interdisciplinare. Wolters Kluwer Italia S.r.l./CEDAM, 2021, https://doi.org/10.5281/zenodo.5961499
M.J. Madison, Beyond Creativity: Copyright as Knowledge Law (April 30, 2010). Vanderbilt Journal of Entertainment and Technology Law, Vol. 12, p. 817, 2010, University of Pittsburgh Legal Studies Research Paper No. 2010-15, Available at SSRN: https://ssrn.com/abstract=1599621
R. Caso, Il metodo casistico-problematico, in R. Caso, La società della mercificazione e della sorveglianza: dalla persona ai dati. Casi e problemi di diritto civile, Milano, Ledizioni, 2021
R. Caso, Gli argomenti interpretativi, in R. Caso, La società della mercificazione e della sorveglianza: dalla persona ai dati. Casi e problemi di diritto civile, Milano, Ledizioni, 2021
R. Caso, Come si cerca l’informazione giuridica, in R. Caso, La società della mercificazione e della sorveglianza: dalla persona ai dati. Casi e problemi di diritto civile, Milano, Ledizioni, 2021
Università di Trento – Facoltà di Giurisprudenza – Open Access
R. Caso, Come si affronta un esame scritto, in R. Caso, La società della mercificazione e della sorveglianza: dalla persona ai dati. Casi e problemi di diritto civile, Milano, Ledizioni, 2021
R. Caso, Diritto e tecnologia, in R. Caso, La società della mercificazione e della sorveglianza: dalla persona ai dati. Casi e problemi di diritto civile, Milano, Ledizioni, 2021
L. 20 giugno 1978, n. 399, Ratifica ed esecuzione della convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie ed artistiche, firmata il 9 settembre 1886, completata a Parigi il 4 maggio 1896, riveduta a Berlino il 13 novembre 1908, completata a Berna il 20 marzo 1914, riveduta a Roma il 2 giugno 1928, a Bruxelles il 26 giugno 1948, a Stoccolma il 14 luglio 1967 e a Parigi il 24 luglio 1971, con allegato. (GU n.214 del 02-08-1978 – Suppl. Ordinario), art. 10
R. Caso, Plagio, diritto d’autore e rivoluzioni tecnologiche, in R. Caso (a cura di), Plagio e creatività: un dialogo tra diritto e altri saperi. Atti dei Seminari tenuti il 21 e il 28 aprile 2010 presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento, Università degli Studi di Trento, Trento 2011 5
S. Satta, Il giorno del giudizio, Adelphi, 1979: “Scrivo queste pagine che nessuno leggerà, perché spero di avere tanta lucidità da distruggerle prima della mia morte, nella loggetta della casa che mi sono costruito nei lunghi anni della mia laboriosa esistenza. È un’alba di mezzo agosto, un’ora in cui l’estate ancora piena cede alla passione dell’autunno. Fra poche ore tutto sarà diverso, ma intanto io vivo questo annuncio di una stagione che è più propriamente la mia.”
Lezione 14 – La riproduzione di opere delle arti visive di pubblico dominio
Letture:
Art. 14 direttiva 2019/790 sul diritto d’autore nel mercato unico digitale
L. 19 aprile 1925, n. 475, repressione della falsa attribuzione di lavori altrui da parte di aspiranti al conferimento di lauree, diplomi, uffici, titoli e dignità pubbliche
European Data Protection Supervisor, Opinion 4/2017 on the Proposal for a Directive on certain aspects concerning contracts for the supply of digital content
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, delibera 11 maggio 2017, n. 26596
L. 19 aprile 1925, n. 475, repressione della falsa attribuzione di lavori altrui da parte di aspiranti al conferimento di lauree, diplomi, uffici, titoli e dignità pubbliche
Ringrazio le colleghe e i colleghi che mi hanno scritto testimoniandomi amicizia e stima pur non potendo essere presenti oggi per impegni concomitanti e ringrazio il preside, le colleghe e i colleghi, lo staff amministrativo nonché le e gli studenti presenti che mi dedicheranno i prossimi venti minuti.
In questo breve torno di tempo proverò a offrire alcune impressioni (fotogrammi) dei sei lustri di lavoro di ricerca che ho svolto presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento nonché alcune prospettive sullo studio che mi attende nei prossimi anni.
Ho provato a immaginare una traccia che prende le mosse da una citazione di Max Weber e si chiude, passando per un attimo da Frank Capra, con un’altra citazione – questa volta indiretta – di Leibniz.
Il filo conduttore è il caso ovvero la casualità. Per questo ho intitolato questo breve seminario con un detto che si riferisce al mio cognome.
In una conferenza dedicata agli studenti del 1917 Weber[1], comparando la carriera accademica statunitense con quella tedesca, scrive:
“è rimasto, ed anzi risulta accentuato, un aspetto della carriera universitaria: solo per qualche circostanza fortunata un […] libero docente, ormai assistente, riesce a insediarsi su un posto da ordinario o addirittura in una presidenza d’istituto. Non prevale certamente soltanto il caso, ma questo vi domina in misura davvero notevole”.
Ecco, il caso ha dominato in misura davvero notevole nel mio cammino di viandante (o velista) della ricerca.
Ho cercato di dare un senso retrospettivo a tanta casualità e vorrei utilizzare una metafora digitale per rendere l’idea.
Nella rappresentazione grafica di una rete a commutazione di pacchetto (come Internet) il messaggio da Host 1 (mittente) a Host 2 (ricevente) viene scomposto in differenti pacchetti di dati (nell’immagine: pacchetti blu, rosso e verde). Tali pacchetti seguono vie differenti e solo alla fine si ricompongono per riformare presso il ricevente il messaggio formulato dal mittente.
Quei pacchetti sono metaforicamente le mie ricerche che hanno riguardato tematiche molto distanti l’una dall’altra. Ma oggi, a distanza di tempo (con un briciolo di saggezza in più), mi rendo conto che questo cammino erratico conduce (forse) a un senso: lo studio della concentrazione di potere (economico, informativo, decisionale) e dei suoi effetti giuridici, soprattutto sui diritti dei più deboli e sulle strutture istituzionali più fragili (come la struttura dell’università e della scienza aperta).
Nell’affrontare problemi ai confini del diritto (privato), ho provato a indagare la relazione che si instaura tra norme giuridiche, norme sociali (informali) e norme tecnologiche.
Concedetemi qualche parola sull’inizio del cammino.
Tanto tempo fa… in una galassia accademica molto distante (non solo in senso temporale) da quella che mi ha accolto da dottorando e in cui lavoro, ebbi la fortuna di entrare a far parte di un gruppo informale di ricerca (una scuola).
Il suggerimento di avvicinarmi a quella piccola, vivace e allegra comunità proveniva da un giurista (che oggi è consigliere di Cassazione) con più esperienza della mia. Tutto, quindi, ebbe inizio frequentando il corso di diritto privato comparato (solo una dozzina di studenti) e l’aula per lo studio del diritto comparato (dove c’erano, tra gli altri volumi, i repertori della West che custodiscono il patrimonio delle decisioni giurisprudenziali statunitensi e che oggi si vedono solo nei legal drama).
In quegli anni di studio acquistai un famoso libricino di Scott Turow che raccontava la frequenza del primo presso la Facoltà di Giurisprudenza di Harvard degli anni ’70[2].
Mi colpì una pagina di quel testo:
“I casi e le opinioni formano il centro del mondo di uno studente di legge [rectius, diritto, n.d.r.]. Virtualmente tutte le facoltà di legge americane seguono il ‘metodo dello studio del caso’ che impone agli studenti di imparare la legge leggendo e discutendo in aula una quantità di motivazioni di sentenze”.
Ritrovavo nella descrizione di Turow la tecnica maieutica mediante la quale veniva insegnato il diritto privato comparato, ma non trovavo corrispondenza negli altri corsi che seguivo e che erano basati sulla classica lezione frontale.
Mentre sognavo (e fantasticavo) di viaggi in America e di studi comparatistici all’estero (che avrei compiuto più avanti), il professore di diritto privato comparato mi chiamò a cimentarmi con l’annotazione di decisioni giurisprudenziali su Il Foro italiano.
Attraverso un lavoro certosino e meticoloso di arrêtiste, ho imparato i rudimenti della ricerca e del ragionamento critico.
Erano molti i “casi” – ecco rispuntare quella parola che racchiude un destino – e i problemi che mi interessavano. Alcuni più di altri mi intrigavano. Riguardavano la proprietà e l’espropriazione per pubblica utilità, la proprietà intellettuale e il diritto d’autore, il danno alla persona e in particolare il caso limite del danno da uccisione.
Sono tematiche che – se si esclude l’espropriazione – non ho più abbandonato. Ma praticando la serendipity – ovvero quella intuizione che si accende quasi “casualmente” quando il cammino della ricerca sta portando altrove – presi, su suggerimento del maestro, un’altra strada: lo studio di un tema ai confini del diritto (privato): l’abuso di dipendenza economica.
Attraverso un’indagine dei contratti di subfornitura iniziai a interrogarmi sulla relazione tra norme sociali (quelle generate dalla concertazione di potere) e le norme giuridiche (in particolare, l’art. 9 della l. 1998/192 sull’abuso di dipendenza economica che mira a contrastare la concentrazione di potere). Era un’indagine comparatistica e interdisciplinare (law and economics) che si chiudeva con un argomento che avrei poi ripreso in seguito: per quanto sofisticata, l’analisi economica di un problema giuridico mette capo a decisioni politiche. Per determinare se sussiste o meno l’abuso occorre effettuare scelte politiche sulle relazioni di potere tra soggetti giuridici.
La curiosità verso la concentrazione di potere (e il disincanto verso una visione neutrale del diritto) mi ha indirizzato, poi, sotto la guida di un altro fondamentale maestro, a interessarmi del diritto (d’autore) dell’era digitale e in particolare di quelle architetture tecnologiche che incorporano norme dispotiche: Digital Rights Management (DRM).
Tale ulteriore indagine interdisciplinare, che partiva dallo studio di alcune nozioni basilari dell’informatica e della crittografia digitale, mi ha condotto ad aggiungere il terzo tassello – le norme tecnologiche – al puzzle che fin a quel momento era composto solo da norme giuridiche e norme sociali. Le architetture informatiche incorporano norme dispotiche che hanno natura differente dalle norme giuridiche (il computer non interpreta, esegue).
Lo studio di un problema complesso che attiene alla dislocazione dalla periferia (l’utente di un dispositivo con DRM) al centro (il gestore del DRM) del potere decisionale, mi ha spinto a considerare insoddisfacente un’analisi che usa le lenti di una sola categoria giuridica (in questo frangente, il diritto d’autore). Per comprendere il problema della disciplina legislativa delle misure tecnologiche di protezione dei diritti d’autore (ad es. l’art. 6 della dir. CE/2001/29) e trovare possibili soluzioni occorre mettere in dialogo il diritto con altri saperi (almeno la scienza della computazione e l’economia) e osservare il problema attraverso gli occhiali di più categorie: non solo il diritto d’autore, ma anche la protezione dei dati personali, il diritto dei contratti, il diritto antitrust.
A questo punto del mio cammino, il puzzle (metodologico) era completo: norme giuridiche, norme sociali e norme tecnologiche.
Mentre approfondivo gli studi critici sul diritto dell’era digitale, la serendipità di quegli anni – così diversi da quelli che connotano la carriera di un giovane studioso di oggi schiacciato da mediane, soglie e bibliometria – mi offrì l’occasione di approfondire la relazione che si instaura tra università e imprese attraverso il trasferimento tecnologico basato sulla trasmissione contrattuale di diritti di proprietà intellettuale (e in particolare, di brevetti per invenzione). L’Italia discuteva di quale fosse la regola migliore attinente alla titolarità del brevetto universitario (titolarità del ricercatore o dell’università?). Ma era uno sguardo puntato sul dito invece che sulla luna, perché leggendo l’alluvionale letteratura (non solo giuridica) nordamericana sul tema e praticando il metodo comparatistico della circolazione dei modelli giuridici, ci si rendeva conto che il problema di fondo era ben altro: il capitalismo accademico stava mutando il ruolo dell’università, trasformandola da centro di creazione e diffusione della scienza aperta ad attore della “guerra” sulla proprietà intellettuale.
Fu il pretesto per un’altra deviazione del cammino. Nello stesso torno di anni in cui iniziai a viaggiare (fisicamente) in Canada per approfondire a McGill University i miei studi sulla proprietà intellettuale mi appassionai all’Open Science.
All’antagonismo tra scienza pubblica (aperta) e capitalismo dei monopoli intellettuali ho dedicato gli ultimi tre lustri del mio percorso (casuale) di ricerca. Tale studio mi ha portato a scoprire un’altra interessante relazione tra strumenti normativi: quella tra regole di valutazione della ricerca (e dei ricercatori) e proprietà intellettuale. In questa luce, si spiegano i miei scritti critici sull’attuale dominante sistema di valutazione e sul suo (controverso) rapporto con i diritti d’autore sulle pubblicazioni scientifiche e i brevetti universitari.
Nell’immediato futuro mi aspettano studi che attengono alla gestione di dati biomedici e specificamente dei relativi alla sperimentazione clinica (grazie a un finanziamento dell’ultimo progetto strategico di ateneo e del PRIN 2022). Ma soprattutto mi aspetta un altro mistero giuridico: la pseudo-proprietà intellettuale, una categoria che allude a tutte quelle forme di esclusiva che non possono essere riferite, secondo la tradizione e il diritto positivo, alla proprietà intellettuale, ma ne mimano pericolosamente gli effetti. Pericolosamente perché se i limiti alla proprietà intellettuale sono posti legislativamente (talora anche a livello costituzionale), la pseudo-proprietà intellettuale non ha limiti espliciti.
Al di là delle prospettive di ricerca già programmate, spero che la serendipity non mi abbandoni e mi faccia casualmente, magari grazie all’insegnamento dei più giovani, incontrare nuovi, inattesi problemi giuridici.
Chiudo ringraziando tutti i presenti e anche i colleghi e le/gli studenti che sono andati via da Trento o, per diverse ragioni, non ci sono più, ma hanno fatto parte in diverse vesti del mio cammino erratico. Questa chiusura sulla comunità di cui sono parte attiene alle citazioni anticipate all’inizio di questo discorso.
La vita di un ricercatore è legata a tante altre vite.
Perché quello che conta, nelle tenebre della vita, è camminare assieme[3] – nell’apprendimento e nell’insegnamento – per trovare una fiammella (di speranza) anche dove, per tante ragioni, si nasconde.
Grazie per l’attenzione.
Abstract
In trent’anni di ricerche scientifiche presso la Facoltà di Giurisprudenza di Trento, l’indagine del prof. Roberto Caso si è focalizzata su temi di frontiera: ai confini tra diritto privato e pubblico, nonché tra diritto e altri saperi come l’economia, l’informatica, la filosofia politica e la sociologia. La comparazione giuridica e il metodo di analisi interdisciplinare del diritto (law &…) sono stati utilizzati per esplorare criticamente contesti in cui la concentrazione di potere economico, informativo e decisionale produce effetti giuridici e incide negativamente sui diritti dei più deboli nonché sulle strutture istituzionali più fragili (come quelle dell’università e della scienza aperta). Dall’abuso di dipendenza economica al diritto d’autore dell’era digitale, dalla datificazione della persona all’antagonismo tra capitalismo dei monopoli intellettuali e Open Science, la ricerca è esitata nel tentativo non solo di ricostruire teorie affidanti (concernenti il rapporto tra norme giuridiche, sociali e tecnologiche), ma anche di proporre soluzioni a problemi giuridici complessi. Nei sei lustri di lavoro presso la Facoltà di Giurisprudenza di Trento, il prof. Caso ha proposto l’attivazione di corsi di insegnamento “complementari” (Diritto comparato della proprietà intellettuale; Diritto comparato della privacy), ha supervisionato tesi di laurea e di dottorato, ha contribuito a costruire gruppi di ricerca (LawTech group) e reti internazionali di studio (Transatlantic Intellectual Property Summer Academy, Private Law Consortium, LawTech Consortium), ha vinto progetti europei e nazionali e ha fondato assieme ad altre colleghe e colleghi provenienti da differenti discipline l’Associazione Italiana per la promozione della Scienza Aperta (AISA) che presiede dal 2015. Le prospettive future di studio guardano allo sviluppo di una critica organica alle forme anomale di proprietà intellettuale (c.d. pseudo-proprietà intellettuale) con particolare attenzione al mondo della scienza, dell’università e del patrimonio culturale. Nei prossimi due anni si dedicherà, tra l’altro, a coordinare il progetto PRIN 2022 “Clinical trial data between privatization of knowledge and Open Science” (CLIPKOS) e a portate a termine il progetto strategico di ateneo “Modelli regolatori per l’apertura dei dati della ricerca biomedica”.
[1] M. Weber, La scienza come professione; La politica come professione, traduzione di Helga Grünhoff, Torino, G. Einaudi, 2004.
[2] S. Turow, Harvard. Facoltà di legge [ed. orig. 1977], Milano, Mondadori, 2013.
[3] P. Rossi, La nascita della scienza moderna in Europa, Roma-Bari, Laterza, 2007: “in queste ‘tenebre della vita’ dirà Leibniz, è necessario camminare insieme perché il metodo della scienza è più importante della genialità degli individui e perché il fine della filosofia non è quello del miglioramento del proprio intelletto, ma di quello di tutti gli uomini’.
[*] Seminario presso la Facoltà di Giurisprudenza di Trento, 19 giugno 2023.
The Law and Technology Consortium (LTC) is an international and informal consortium of research centers and institutions seeking to establish a collaborative network between members and share scientific knowledge and expertise in the field of law and technology.
The LTC is coordinated by Prof. Roberto Caso (University of Trento, Italy, Faculty of Law, LawTech research Group), Prof. Pierre-Emmanuel Moyse (McGill University – Faculty of Law), Prof. Gideon Parchomovsky (University of Pennsylvania, United States, School of Law; Hebrew University of Jerusalem, Israel, Faculty of Law), and Prof. Christopher Yoo (University of Pennsylvania, United States).
The 2023 LTC was organized by Prof. Richard Gold (McGill University).
The 2019 LTC was organized by Prof. Roberto Caso (University of Trento).
Ieri, 3 maggio 2023 l’Associazione Italiana per la promozione della Scienza Aperta (AISA) ha scritto al Ministro Sangiuliano per chiere l’immediato cambiamento della politica ministreriale sull’uso delle immagini dei beni culturali a scopo scientifico. Per approfondimenti v. qui.
La lettera si legge qui e qui ed è riporodotto di seguito.
“Con questa lettera aperta l’Associazione Italiana per la promozione della Scienza Aperta (AISA) chiede l’immediato cambiamento delle politiche ministeriali in materia di uso a scopo scientifico delle immagini dei beni culturali.
Nell’Atto di indirizzo concernente l’individuazione delle priorità politiche da realizzarsi nell’anno 2023 e per il triennio 2023-2025 (d.m. n. 8 del 13/01/2023) e nelle successive Linee guida per la determinazione degli importi minimi dei canoni e dei corrispettivi per la concessione d’uso dei beni in consegna agli istituti e luoghi della cultura statali (d.m. n. 161 dell’11/04/2023) si stabiliscono principi e regole che danneggiano la ricerca scientifica, contraddicono decenni di politiche di scienza aperta e di apertura del patrimonio culturale (politiche, peraltro, trasversali a governi di diverso segno politico) e pongono l’Italia fuori dagli indirizzi internazionali e dell’Unione Europea.
La nuova politica inaugurata dal Ministero della Cultura emerge dai seguenti principi contenuti nell’Atto di indirizzo sopra citato (corsivi aggiunti):
“L’attività dell’Amministrazione sarà volta alla tutela e alla valorizzazione, anche economica, del patrimonio culturale, materiale e immateriale; si lavorerà ad incrementare la capacità di automantenimento dei diversi istituti e luoghi della cultura in modo da ridurre il fabbisogno di finanziamento pubblico e, nel contempo, generare sviluppo economico per i diversi segmenti del sistema produttivo. […]
In particolare, occorre proteggere il patrimonio rappresentato dalle immagini, anche digitali, del nostro patrimonio culturale, attraverso un’adeguata remuneratività che tenga conto dei principi di cui agli articoli 107 e 108 Codice dei beni culturali e del paesaggio. In tal senso, appare essenziale definire un tariffario ministeriale, unico, distinto per macro-categorie di beni culturali, che definisca i minimi tariffari da applicare in occasione delle diverse forme di utilizzazione temporanea dei beni del patrimonio culturale ministeriale, anche ove esse sfruttino le moderne tecnologie (NFT, blockchain etc.)”.
Nell’allegato delle Linee guida sopra citate tra le riproduzioni di beni culturali e i riusi delle relative copie o immagini figurano anche quelli effettuati dall’editoria e dalle riviste scientifiche di settore in canali commerciali (online o cartacei).
Tale politica mira a ridurre il finanziamento pubblico, obbligando gli istituti di tutela del patrimonio culturale a impegnarsi nello sviluppo, a costi amministrativi e monetari non nulli, di una maggiore capacità di autofinanziamento. Si tratta di una politica errata nelle ragioni di fondo e ineluttabilmente destinata al fallimento come dimostra l’analoga “strategia” sperimentata nel settore dell’università e della ricerca pubblica.
Gli esiti assurdi e paradossali di questo nuovo indirizzo politico sono evidenti nel settore dell’editoria scientifica no profit delle case editrici universitarie e in quello della nascente editoria in accesso aperto (Open Access). Se le linee guida fossero interpretate alla lettera, occorrerebbe immaginare casi come quello in cui un museo statale chiede l’applicazione del tariffario a un’università pubblica per la riproduzione di immagini di beni culturali in pubblico dominio. Tale applicazione determinerebbe un inutile giro di denaro pubblico (dall’università al museo) senza alcun beneficio per le casse dello Stato e, anzi, con un aggravio dei costi per la pubblica amministrazione derivante dall’appesantimento burocratico del processo che conduce alla pubblicazione scientifica.
Questi atti normativi, come già si è detto, pongono l’Italia fuori dalla contemporaneità nonché dalle politiche internazionali, europee e nazionali volte a coniugare la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale con i principi della scienza aperta e dell’accesso aperto.
L’AISA chiede, per questi motivi, un’immediata modifica delle politiche ministeriali che vada nella direzione di una totale e assoluta liberalizzazione, senza pagamento di tariffe, della riproduzione e del riuso per scopi scientifici dei beni culturali del patrimonio italiano. L’AISA auspica inoltre la modifica del Codice dei beni culturali al fine di fissare per via legislativa il principio di libera riproduzione e libero riuso dei beni culturali per scopi scientifici”.
D.M. 108 21/03/2024 Modifiche al decreto del Ministro della cultura 11 aprile 2023, rep. n. 161, recante “Linee guida per la determinazione degli importi minimi dei canoni e dei corrispettivi per la concessione d’uso dei beni in consegna agli istituti e luoghi della cultura statali”
Giunta della Federazione delle Consulte Universitarie di Archeologia (Consulte di: Preistoria e protostoria; Archeologia del mondo classico; Archeologie Postclassiche; Archeologia dell’Italia preromana; Numismatica; Studi sull’Asia sull’Africa; Antropologia) CUNSTA – Consulta Universitaria Nazionale per la Storia dell’Arte SISCA – Società Italiana di Storia della Critica d’Arte, No al pagamento di balzelli per le immagini dei beni culturali, 28.04.2023
DECRETO LEGISLATIVO 24 gennaio 2006, n. 36, Attuazione della direttiva (UE) 2019/1024 relativa all’apertura dei dati e al riutilizzo dell’informazione del settore pubblico che ha abrogato la direttiva 2003/98/CE
DECRETO LEGISLATIVO 8 novembre 2021, n. 200, Attuazione della direttiva (UE) 2019/1024 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, relativa all’apertura dei dati e al riutilizzo dell’informazione del settore pubblico (rifusione)
LEGGE 22 aprile 1941, n. 633, Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio, art. 32-quater
DIRETTIVA (UE) 2019/1024 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 20 giugno 2019 relativa all’apertura dei dati e al riutilizzo dell’informazione del settore pubblico (rifusione)
Direttiva (UE) 2019/790 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, sul diritto d’autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale e che modifica le direttive 96/9/CE e 2001/29/CE, art. 14
Disegno di legge: “Conversione in legge del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, recante disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo” (2426)
DECRETO LEGISLATIVO 10 febbraio 2005, n. 30, Codice della proprietà industriale, a norma dell’articolo 15 della legge 12 dicembre 2002, n. 273, art. 19.3
CORTE D’APPELLO DI BOLOGNA; sentenza decisa il 10 settembre 2024; Giud. Donofrio; A.B. DEL D. DI A.G. SRL c. Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo
A.L. Tarasco, L’uso delle immagini delle opere d’arte, in Relazione di Antonio Leo Tarasco al seminario organizzato dalla Camera di commercio di Toscana Nord-Ovest su “L’uso delle immagini delle opere d’arte: i vincoli di legge e il diffuso convincimento della libertà di utilizzo”, Viareggio, Museo di Arte Contemporanea, 10 Marzo 2023
A.L. Tarasco, Il patrimonio culturale e le sue immagini. Diritto, gestione e nuove tecnologie, Presentazione del volume “Il patrimonio culturale e le sue immagini. Diritto, gestione e nuove tecnologie” (A. L. Tarasco e R. Miccù), Editoriale scientifica, Napoli, 2022, svoltasi a Napoli, presso il Museo archeologico nazionale, Lunedì 12 Dicembre 2022. Moderati e introdotti da Francesco De Core (Direttore de Il Mattino), sono intervenuti Giovanni Leone (Università Federico II di Napoli), Antonio Bartolini e Cristina Galassi (Università di Perugia)
A.L. Tarasco, relazione al 1° Convegno della “Società italiana per l’ingegneria culturale” svoltosi a Roma, presso la Facoltà di Economia dell’Università “La Sapienza”, il 18 giugno 2021, sul tema “Ingegneria culturale e utilizzazione economica delle immagini del patrimonio culturale”
Busker Will Soto walks a tightrope at the sunset celebration in Key West, Fla. The sunset celebration at Mallory Square is a daily ritual for visitors to this subtropical island at the bottom of the Florida Keys island chain. Photo by Bob Krist/Florida Keys News Bureau
“La lezione mira a introdurre gli studenti allo studio dei limiti del diritto di esclusiva d’autore con riferimento alla dicotomia tra forma espressiva (protetta) e idee (non protette), nonché in riferimento alla citazione. La discussione tra docente e studenti si basa sul metodo casistico-problematico. Sono perciò discussi alcuni casi decisi da giudici italiani sulla base della normativa europea e italiana. Sono anche forniti cenni comparatistici al copyright statunitense e ai fondamenti filosofici del diritto d’autore”.